Si estende questo Canale nella nostra Provincia verso l'occidente, ed ha per confine a levante il Quartier di Tolmezzo, a mezzodì le montagne di Asio, a ponente il Cadore a ed a Settentrione il Quartiere di Gorto.
Ai confini di questo Canale nella montagna detta Maura, cinque miglia distante sopra la Villa di Forni di sopra, nasce il nobil fiume Tagliamento, che precipitando giù per le Alpi pel corso di sedici miglia fino a Socchieve, ivi incomincia a farsi navigabile, e forma il Canale, dal nome di un tal Villaggio appellato di Sacchieve . Va ricevendo questo fiume le acque del fiume Decano, che scorre pel Canal di Gorto, quelle del fiume Bute, che fa il Canal S. Pietro; e quelle della Fella, che forma il Canal del Ferro. Ricco il Tagliamento delle acque proprie, e dell'altrui, porge ai nostri mercatanti una navigazione assai commoda per condurre le sue Zarte, allestite con tavole, o con lunghi, e ben grossi Larici, Abeti, od altri legni per anco non lavorati, ovunque è il suo destino.
Gli antichi Castelli di questo Canale erano Invilino, Socchieve, Ampezzo, Forni, Nonta, Feltron, Ravejo, e Somcolle.
Il Castello d'Invilino stava piantato dove ora vedesi la Pieve d'Invilino, e di esso se ne mostrano tuttora diversi antichi avvanzi. L'anno 1219. era possessore di questo Castello Federico Siggnor di Caporiaco, che in feudo lo avea ottenuto dalla Chiesa d'Aquileja; Nel medesimo anno essendo eletto a quel Patriarcato Bertoldo figlio del Duca di Merania, ed Arcivescovo di Colocza in Ungheria, insorse contro questo novello Patriarca una fiera guerra. Molti Castellani feudatarj rifiutarono il suo dominio, e tra questi il predetto Federigo Signor di Caporiaco. Per poter adunque questi Signori feudatarj contro la fedeltà giurata al loro natural Principe far renitenza al Patriarca, s'erano assoggettati con contrario giuramento di fedeltà alla Città di Trevigi, nemica allora della Chiesa Aquilejese; ed ascritti ad essa Città nel ruolo de' cittadini con patti strani, cedette ognuno di essi, e rassegnò ai Trivigiani tutti i Castelli nel Friuli, e nella Carnia soggetti al suo dominio: in particolare poi Federigo Signor di Caporiaco non ebbe riguardo di cedere, non solo Tarcento, e Propedo, ma ancor il Castello d'Invilino. E lo stesso fece Artico figliuolo di Odorico Signor di Caporiaco, rassegnando ai Trivigiani il Castello di S. Lorenzo, che nella Carnia avea. Erano seguite molte ostilità a danni della Chiesa d'Aquileja, e vieppiù a darne de' maggiori seguivano i Trivigiani colle loro soldatesche, e con quelle degli alleati Friulani, quando finalmente il Papa Onorio III. commosso dalle preghiere di quel Patriarca mandò l'interdetto ai Trivigiani, ed a' loro confederati; e di più ottenne dal Principe Venerato, dai Padovani, dai Vicentini, e dai Veronesi, che fin a tanto che i Trevigiani; e suoi confederati persistessero contumaci, lor si dovesse negare ogni adito, e commercio. Procurò tuttavia il Santo Padre di sedare qualunque dissensione tra essi, e il Patriarca d'Aquileja, dopo d'avere quelli prima restituiti in grazia, e che alle loro Terre fecero ritorno. Da' Giudici delegati fu tra le altre cose sentenziato, che i Trevigiani non ardissero più in verun tempo ingerirsi nei Castelli, e nelle Terre, che s'estendono dalla Livenza, e dalle montagne fino al mare; e che riconoscer dovessero tutta la Carnia, e il Friuli per il dominio del Patriarca d'Aquileja; e con ciò fu restituita la pace. Il Patriarca richiamò i ribellati Castellani; ed avendo resa loro ogni cosa, altresì restituiti furono i Castelli d'Invilino, e di San Lorenzo ad Artico, ed a Federigo di Caporiaco. Questi, ed altri Castellani confederati prestarono al Patriarca il giuramento di fedeltà, essendo presente fra gli altri in gran numero portatisi a tale atto solenne, Popone Preposito di S. Pietro di Carnia.
In tempo poi del Patriarca Raimondo della Torre possessori erano del Castello d'Invilino Dittalmo di Caporiaco, e Federigo suo figlio. In pietra di marmo posta nella facciata di quell' antichissima Chiesa Matrice d'Invilino vedesi ancor lo Stemma gentilizio de' Caporiaci. Ma dopo questi essendo devoluto quell'antico Feudo alla Sede Patriarcale, Artico Signor di Castelliero, prestato prima il solito giuramento di fedeltà, quello impetrò dal detto Patriarca l'anno di Cristo 1281, avendo nello stesso tempo dato e ceduto al medesimo Signor Patriarca la montagna tutta d'Invilino dalla sommità fino alle radici di essa. Nel seguente secolo ebbero in feudo detto Castello Asiberto, Ermanno di Carnia, Fraduzone, Cumano , Voldarico, Giacopo, Milano, ed altri. Il detto Signor Ermanno di Carnia ebbe in feudo d'abitanza quel Castello d'Invilino dal Sig. Pagano della Torre, ed in simile feudo d'abitanza lo ebbe altresì dal Signor Patriarca Beltrando, promettendo al medesimo di aprirlo in ciascun tempo di pace, e di guerra: e di ciò fece instrumento Gabriello Notajo di Gemona. Erano molti a que' tempi i feudatarj d'abitanza; e tali si chiamarono come osserva il Sig. Liuti, qualor davasi loro a custodire, ed abitare qualche Castello con Terra d'intorno; a differenza de' feudatarj Ministeriali, a cui davansi in feudo i Castelli, e Terre coll'obbligo di servire al lor Principe in quello, o in quell'altro ministero. Così Gonetto Sig. di Osoppo, Ministeriale del Patriarca Gregorio di Montelongo l'anno 1258 fu investito a feudo retto e legale di tutto ciò, che Dittalino Sig. di Caporiaco, e la di lui Masnada aveano nel territorio della Villa d'Invilino, eccettuati però il monte, e il Castello d'Invilino. Tale investitura sarà stata di 25 campi, porzione destinata a ciascheduna Masnada. che volgarmente Mussaria or appelliamo.
Segue il Castello di Socchieve, che stava situato dove al presente è la Pieve di tal nome, detto Monte di Castoja , facilmente dalla voce corrotta di Castello. Si numeran molti de' suoi Castellani, cioè Rocio dell'anno 1240, Lamberto del 1262, Armoldo del 1264. e Riccardo, che nel 1281. avendo spontaniamente e liberamente rassegnato al Patriarca Raimondo la sua parte di detto Castello, e del Villaggio aggiacente, di essa fu investito Stefano parente di detto Riccardo. Di poi furono Bertoldo, Savaristo, Norado del 1287, Otusio del 1294, Enrico di Zegliaco del 1300., Corrado, Anzelotto del 1311; Dietmano del 1323. Pellegrino de Tuscis del 1324, e quel Roberto, che come complice della congiura tramata contro il Patriarca Niccolò nell'assedio del Castello di Luincis, venne decapitato l'anno 1351.
Il Castello di Ampezzo giaceva nella sommità di un Colle, chiamato oggidì il Chiastellat , circa un miglio distante dal Villaggio di Ampezzo verso Forni Savorgnano: dove veggonsi ancor i suoi vestigj.
Signori del Castello di Forni furono del 1277. Diopoldo, Francesco, Raimondo; del 1330 Bortolommeo, e Zuffone; del 1331 Sturido; e nel 1337 fu quel Castello acquistato da Ermano Signore di Nonta per Ettore Savorgnano.
Il Castello di Nonta giaceva sulla sommità di un Colle a mezzodì della Villa di Nonta; ed i suoi Feudatarj, o abitanti Castellani furono Enrico, detto Lovato di Nonta del 1297, Candido che morì in Gemona l'anno 1305, Volrico, Uricio, Valterucio del 1313, Valentino di Nonta, che l'anno 1330 abitò in Gemona, Niccolò, che l'anno 1340 morì in Tarcento, ed Ermanno, che in detto anno cogli altri Consorti del Castello di Nonta vende al Patriarca Beltrando la parte dei Feudi, o sia Armanie, che avea nei Villaggi di Cercivento, e di Paluzza. Nell'anno 1380 furono Valterio, e Valteruccio; questi con altri Consorti di Nonta contribuirono molto colle loro limosine ad accrescere una parte di fabbrica nel Chiostro contiguo alla Chiesa di Sant'Antonio di que' Padri allor Conventuali di S. Francesco di Gemona. Ciò appare dalla iscrizione che leggesi scolpita in quel Chiostro in Lapida a caratteri di quel secolo.
MCCCLXXX. Hoc. Opus. Dormitorii.
Factum. Est. de bonis. Infra. Scriptorum.
Dominorun …. Scilicet. Dominum. Gulielmum. q. Jacomini . . .
Dominos. Valterium. et. Valterucium. cum omnibus de Nonta.
Del Castello di Feltrone si numerano altresì diverse famiglie, che furono nel 1277 fino al 1354, nel qual anno arrivò in Gemona Carlo IV. Re de' Romani colla sua moglie, e da Gemona si porto in Udine, mentre andava a Roma per ricever la Corona Imperiale. Fu accompagnato da suo fratello Patriarca Niccolò, e da molti Nobili, tra' quali era Gerardo Sig. di Feltron di Carnia, che in quel tempo abitava in Gemona.
Il Castello di Ravejo esisteva vicino al Villaggio di Ravejo, dove già un secolo furon rinvenute medaglie non poche d'Imperatori Romani, di rame, e d'argento.
Per fine il Castello di Somcolle, che vogliono, fosse dove ora è il grosso Villaggio di Lauco, dicesi essere stato da molte famiglie nobili abitato dall'anno presso 1260 fino al 1337.
Vanno soggette al Quartier di Socchieve le Pievi d'Invelino, di Enemonzo, di Socchieve, e di Ampezzo.
La Pieve d'Invilino ha sotto di sé Invilino, Villa, Esemon di sopra, Trava ove con frequenza di divoti si venera un'antica immagine della B.Vergine; indi le Cure di Avaglio, Lauco, e Vinai; dai quali abitanti di Vinaj si spaccia grande quantità di Bovoli per la stagione della Quaresima.
La Pieve di Enemonzo ha sotto di sè Enemonzo, donde sono originarj i nobili Signori Conti Garzolini, Quiniis, Esemon di sotto, Majaso, Colza, Freisis, e Ravejo, ove nacque Silvestro Noselli, il quale molto si distinse in pittura ai giorni nostri.
Sopra il Villagio di Ravejo verso i monti in sito di bellissima veduta, ameno ed allegro, è stato eretto in questo secolo presso una Cappella della Madona un Ospizio di Eremiti, stato fondato da un Benefattore di quel Villaggio con un pio Legato, a cui unindosi certe limosine disposte a quell'Ospizio da altri Benefattori, con qualche questua annua, hanno i medesimi il lor congruo sostentamento per vivere in conformità del loro instituto. Vestono questi Eremiti l'abito de' Padri Conventuali di S. Francesco.
Nelle pertinenze della Pieve di Enemonzo numeravasi anche la Villa di Pani, che più non v'è: ora in quel luogo di vasta estenzione sono varie cose di coloni. E' da credersi, che la mortifera pestilenza, che verso l'anno 1400 miseramente si ampliò fino a quella contrada della Carnia, e che di viventi privò le Ville intiere, vuote di abitatori abbia rese la Vilia di Pani nel Canal di Socchieve, le Ville di Ambuluzza, e di Consinella nel Canal di Gorto, e la Villa di Costa nel Canale di S. Pietro. L'anno 1300. Enrico Signor di Zegliaco, oltre una porzione del Castello di Socchieve, avea in feudo due mansi nella Villa di Pani.
La Pieve di Socchieve ha sotto di sè Socchieve, Priuso, Lungis Vias, Nonta, Midiis, Feltron, e Dillignidis. Eravi soggetto a questa Pieve anche il Vilaggio di Preone situato di là del fiume Tagliamento: avendo però quegli abitanti il più delle volte intransitabile esso fiume, onde intervenire alla Pieve di Socchieve, già anni sono, con Sovrano Decreto hanno ottenuto di far Parrocchia separata, e di emanciparsi da quella di Socchieve.
Numerava cotesta Pieve tra suoi Villagi anche la Villa di Buarta, che più non esiste. L'anno 1692 li dì 15 e 16 Agosto fu una inondazione sì terribile nella Carnia, che ne mise la maggior parte sossopra. Due giorni e due notti continue fu tanta, e sì furiosa pioggia, che parea, fossero aperte le cattarratte del Cielo, e gli abissi della terra. Scaturirono fonti, dove pria non erano, e col tuonare tremò la terra: perloche entrò spavento tale negli uomini, che molti credettero essere già arrivata la fine del mondo. Fra i molti danni apportati al paese, deplorabile si fu quello della Villa di Quarta; poichè a mezza notte rovesciatosi una intiera montagna sopra quel Villaggio, lo seppelì con le case tutte, persone ed animali, e ad un tempo chiuse il corso al fiume Tagliamento, che sotto gli scorre; a segno tale che non potendo l'acqua aver libero il corso, formò un Lago che comprese lungo tratto di quella valle con gran terrore de' popoli con vicini, i quali dubitando, che la furia dell'acqua non rompesse l'opposto argine, ed inondasse tutto l'aggiacente Canale di Socchieve, già si disponevano a rifugiarsi sopra i monti; ma coll'ajuto di Dio cessò il terrore, avendo il fiume fatta una picciola rottura nella sommità dell'argine, per cui poi ripigliò il solito corso.
Segue la pieve di Ampezzo, che ha sotto di sè Ampezzo, grosso Villaggio, Voltosi, ed Oltris. Il nostro Ampezzo Veneto, diverso da Ampezzo Imperiale, anticamente si diceva Ampox , che in lingua Cimbrica significa Incudine . E da ciò si potrebbe forse raccogliere che Cimbri di origine sieno quei Villaggi, che giaciono nelle Saurie lungo le Alpi Giulie. Certo è, che in questa nostra età medesima avendo i curiosi mandato in Danimarca, e nella Svezia a confrontare buon numero de' nostri vocaboli, e di quei delle Saurie, sono stati ivi approvati per Cimbrici ( Vedi l'Ab. Pezzo Dissert. Intorno i Cimbri pag. 14. 81. Verona 1763 ). Il sudetto nostro Ampezzo è rinomato nelle carte più antiche che si abbiano negl'Archivj del Friuli. In una carta di Fondazione della Badia di Sesto troviamo, ch'Erfone, Antone, e Marco, i tre Fratelli, e figliuoli, come credesi, di Pietro Duca del Friuli, fondarono due Monisteri, uno in Sesto per li Monaci di San Benedetto, e l'altro in Salto in riva al fiume Torre per le Monache di quell'Istituto; e fra le molte rendite, che a detti due Monisterj assegnarono in patrimonio, lor donarono. Casas in Carnia in vico Ampitio . E tal donazione fu fatta l'anno 762. regnando in Italia Desiderio,e Adelgiso, e reggendo la Sede d'Aquileja il Patriarca Sigualdo. L'anno 1260 il Patriarca Gregorio di Montelongo investì Giovita figlio del q. Domenico d'Ampezzo di un Manso situato nella Villa di Oltris ad affitto Aquilejese coll'obbligo di pagare annualmente alla Chiesa di Aquileja quattro dinari di quella moneta nella Festa della Natività del Signore.
Nacque in Ampezzo il Sig. Ab. Giovan Pietro della Stua, Socio dell'Accademia di Udine. L'anno 1769. pubblicò colle stampe di Udine la Vita di S. Oswaldo Re di Nortumberland, e Martire, colla Storia del suo culto. La Vita della B. Elena di Udine . Venezia 1770. per il Bettinelli Memorie del Rev. Padre F. Basilio da Gemona . Udine 1775. per li Mureri. L'an. 1775. Memorie per servire alla storia di S. Anselmo Duca di Cividale del Friuli . L'an. 1781. Notizie Storiche e Critiche intorno l'antico Monistero, detto anche la Cella, di Gemona nella N. Raccolta Mandelliana To. XXXIV. XXXVI. XXXVII. Disertazione intorno Fortunaziano Vescovo di Aquileja ivi To. XXXVII. Disertazione intorno il Concilio, di Altino , ivi To. XXXVIII. E la Vita di S. Paolino Patriarca di Aquileja Venezia 1782 per il Baseggio. Tiene presentemente il posto di Segretario di Monsignor Gian-Girolamo Gradenigo, Arcivescovo di Udine.
Discosta sette miglia da Ampezzo in sito montuoso è la Pieve di Sauris, che contiene Savris Superiore, dov'è la Chiesa Parrocchiale , e Sauris inferiore, ove vedesi il celebre Santuario di Sant'Oswaldo Martire Re di Nortumbria. Quivi si conserva la preziosa Reliquia dell'Osso del dito pollice di esso Santo; e si ha per antica tradizione, che detta Reliquia sia stata portata nella Villa di Sauris da un Soldato Carno. S. Paolino Patriarca d'Aquileja nell'anno 796 fece un prezioso dono di Reliquie a S. Angilberto Abate di Centula, tra le quali vi era ancor quella di Sant'Oswaldo Re di Nortumberland. Ciò accadè in occasione che il S. Abate andava Ambasciatore di Carlo Magno a Leone III. Partendo egli da Aquisgrano, dove risiedeva l'Imperatore colla sua corte, e venendo in Italia, torse il cammino, e passò a visitare il suo grande amico S. Paolino. Compiuta la sua Ambasceria , e fatto poi Abate, depositò la detta Reliquia con le altre nel suo Monistero Centulese di S. Ricario in Picardia nelle vicinanze di Abavilla ( Acta SS. Ord. S. Bened. Sec. 4 pag. 109 edit Ven. ). E da quì si può raccogliere quanto antico sia, e celebre il Santuario di Sant'Oswaldo. Per mezzo di questa Sacra Reliquia ha operato Dio e opera continuamente molti miracoli a favore di quelli che nei loro urgenti bisogni invocano Sant'Oswaldo. Chiare prove sono le tabelle votive appese d'intorno alle Sacre pareti di quella Chiesa, indicanti le molte grazie ottenute. Quivi ogni anno in gran numero, e massime in tempo d'estate, anche più di cento miglia lontani, di Venezia, da Padova, Vicenza, Treviso, e da molte altre parti si portano i divoti a visitar quella Chiesa, e prosciogliere i lor voti, benchè per arrivarvi debbano fare più miglia di strada erta , montuosa, e di difficile cavalcatura. I Patriarchi secondando la divozion de' Fedeli, ne accrebbero anch'essi la celebrità. Troviamo registrara memoria nel 1515 che Daniele de Rubejs Vescovo di Caorle, mentr'era Vicario ( Vedi la mentovata Vita di S. Osvaldo pag.64. 65 82. ) Generale di Domenico Grimani Patriarca d'Aquileja nella Visita, Pastoraie che fece per la Curia, concedè alla Chiesa di Sant'Oswaldo in Suaris per varii giorni dell'anno la Indulgenza di centoquaranta giorni, soggiungendo nella Bolla, che in detta Chiesa Sant. Oswaldo, Opera cotidianamente ineffabili miracoli a prò di tutti quelli che per le loro infermità, a lui ricoreranno divotamente . Monsìgnor Carlo Co: Camucio, mentr'era ancor Arcidiacono di Tolmezzo, volendo accrescere di nuovi tesori celesti quel Santuario, procurò poscia, ed ottenne dal Sommo Pontefice Benedetto XIV. L'anno 1750 l'Indulgenza plenaria perpetua da acquistarsi da qualunque Fedele, che anderà in qualunque giorno dell'anno a visitare il detto Santuario, e che confessati Sacramentalmente, e comunicati avranno ivi pregato secondo l'intenzione della S. Madre Chiesa.
Gli abitanti di Sauris, benchè discosti d'ogn'intorno da' confini della Germania, parlano la lingua Tedesca o più tosto Cimbrica ed il lor curato dee per necessità essere pratico di tal linguaggio. Si vuole da alcuni, che questi popoli sieno reliquie degli antichi Cimbri, che rotti da Quinto Catullo si rifugiarono in queste rimote parti delle Alpi, che Saurie si appellano, e vi furono dai vittoriosi Romani lasciati tranquilli, come di sopra si è accennato: I cavalli che nudriscono, riescono assai forti per uso del paese; ed il miglior prodotto di quell'alpestre campagna si è la fava.
Ai confini del Canal di Secchieve è Forni Savorgnano, ch'è bensì nel continente della Carnia, ma non è territorio giurisdizionale di Tolmezzo, essendo esso soggetto alla Giurisdizione della nobile Casa Savorgnana. Ne fu investito di tale Feudo Pagan Savorgnano nel 1370 dal Patriarca Marquardo. E diviso in due Villaggi, e due Pievi, cioè di Forni di sopra, e di Forni di sotto, ove nella Parrochial Chiesa si venera il Corpo di S. Celestino Martire. Uno di questi Villagj, già dieci secoli sono, cioè l'anno dell'Era Cristiana 778 fu dato in dono alla Chiesa della Badia di Sesto da Masselione Duca del Friuli, e lo ricaviamo da Carta di Donazione, che trascritta dal Sig. Liruti non farà discaro, che qui io la riporti.
In Nomine @c. Regnante Domino Excellentissimo Domino nostro regi Carolo, ex quo Austria praeoccupavit anno secundo de mense Januario per indictione prima feliciter. Domina nostra, @c. ad me cum timore, adque tremore nominando beata Sancta Maria genitrice Domini nostri Jesu Christi. Ego Masselio preslante Domini misericordia Dux, si mereor donator @c. offertor vester do, dono, atque affero predicta Sancta Ecclesia sita in Sexto, seu vobis Beato Abbati @c. Monachis @c. Villam unam, que sita est in montanis quae dicitur Forno @c.
Ego Orsus Notario Jussus a domno Masselione Dei audjtorio Duce hanc paginam @c. scripsi, @c. subscripsi @c.
L'anno 1254. il Patriarca Gregorio di Montelongo investì a feudo retto e legale, Ruggeri di Milano, stato suo portinajo, di sette Mansi e mezzo, posti nel Territorio di Forni. Un Manso da nostri antichi era limitato a venticinque campi; laonde l'investitura di cotesto Ruggieri estendevasi a 187 campi e mezzo di terra, che egli possedea in Forni. L'anno poi 1255 Arrigo Signore di Mels era possessore del monte, sopra cui giaceva quel Castello di Forni; e del medesimo fece dono all'antidetto Patriarca Gregorio.
Si distingue questo Canal di Socchieve specialmente nella manifattura delle Stoffe di stoppa insieme e lana, di cui se ne fa grande uso nella Carnia, nel Friuli, ed altrove , dal basso popolo: abbonda di tessitori opportuni al lavoro di tele, e di esse stoffe.
Da: Notizie storiche della Provincia della Carnia di Niccolò Grassi (1782).